Un cavallo di troia nel centro di Roma

Un cavallo di troia nel centro di Roma

Cosa hanno in comune l “Eneide” di Virgilio e Piazza Venezia a Roma? Mondo classico e mondo moderno?

La risposta è semplice: un cavallo, Il Cavallo! L’episodio più memorabile dell’antico poema è di certo quello dell’assedio di Troia. I suoi abitanti fecero entrare l’enorme statua lignea ritenendola un regalo degli Dei ma decretarono così la loro stessa fine. Lo stratagemma fu infatti quello di lasciare il cavallo sulla spiaggia con all’interno nascosti molti dei suoi più valorosi uomini, tra cui Agamennone. Con la disfatta dei troiani Ulisse sbloccò un’impasse che durava ormai da dieci anni.

Cavallo

Quali sono le similitudini con il cavallo nostrano?

Nel cuore della capitale, sotto il colle del Campidoglio, venne eretto il monumento che doveva commemorare la recente unità d’Italia e il suo primo regnante: Vittorio Emanuele II. Anche l’Italia era in aria di guerra, non con Troia certo, ma con la Libia. Il “Vittoriano” o “Altare della Patria” venne comunque inaugurato. Era il 1911 ed i lavori verranno terminati solo nel 1935. Il re fu posto in sella ad un cavallo richiamando l’immagine di antichi condottieri come Alessandro Magno o il vicino Marco Aurelio in Piazza del Campidoglio. Come i troiani dovettero abbattere le ciclopiche mura della loro città per permettere l’entrata del “dono divino”, così i romani dovettero fare spazio distruggendo il bel Palazzo Torlonia e la Torre Farnese, residenza estiva del Papa Paolo III e di molti altri edifici o vie ormai scomparsi.

Lo spazio necessario per l’enorme costruzione era notevole. In più la statua equestre era alta dodici metri e larga dieci, per la sua realizzazione occorsero cinquanta tonnellate di bronzo (fornite dalla fusione dei cannoni del regio esercito) e delle rotaie costruite appositamente per far arrivare il monumento a pezzi. Solo per il busto del re furono usati otto cavalli; il tutto trainato dalla fonderia di San Michele a Ripa, vicino al Tevere. La sua esecuzione scatenò l’ilarità e la curiosità di molti romani suscitata dal gran via vai e dalla statua del “Padre della Patria”: basti immaginare lo stupore nel vedere arrivare il baffone di Vittorio Emanuele lungo da solo più di un metro!

L’inaugurazione

Il 5 febbraio del 1911 tra polemiche e il gran clamore, fu organizzato un banchetto a dir poco singolare: all’ interno della pancia del capiente cavallo. Erano presenti non guerrieri armati e pronti all’azione ma allegri personaggi per celebrare la fine del lavoro. All’interno erano in ventiquattro: l’allora sindaco di Roma Leopoldo Torlonia, il ministro Bertolini, lo scultore Trentanove, il fonditore Bastianelli e le soddisfatte maestranze. L’opera fu comunque terminata solo nel 1935. L’inaugurazione, stavolta più seriosa ed ufficiale, alla presenza di Vittorio Emanuele III, dei veterani della Spedizione dei Mille, e seimila sindaci arrivati da tutta la penisola.

Cavallo

Se il cavallo di Troia rappresentò la disfatta dei troiani, il Vittoriano fu parimenti giudicato la sconfitta del buon gusto. Ancora negli anni ottanta si pensava, infatti, di demolirlo e recuperare l’antico equilibrio del luogo.

Limitandoci qui a contemplarne la grandezza esagerata per il tipo di contesto urbano, lasciamo la parola finale ai romani che se lo “godono”. Con la loro innata ironia trovano sempre una originale chiave di lettura; la ”macchina da scrivere”, la “torta nuziale”, la “dentiera”, questi alcuni tra i soprannomi dati al monumento. Come a dire: dal momento che ce lo abbiamo, diamogli il nome e la forma che vogliamo.

E per i nostalgici del cavallo virgiliano, vale sempre il richiamo epico.

P.S. Dopo il brindisi il sedere del cavallo fu ermeticamente chiuso non consentendo più altri banchetti. Bastianelli però, proprietario della omonima fonderia, prima di uscire terminò il vino nel bicchiere e lo fece scivolare nel naso del cavallo. All’interno, il cavallo, contiene quindi tutte le suppellettili del famoso brindisi.

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