Cottura al vapore: un incontro tra culture

Cottura al vapore: un incontro tra culture

Nasce in Asia e in poco tempo conquista tutto il mondo. Pur non essendo chiare le modalità di diffusione, ci mostra come i limiti possono essere superati

cottura al vapore

La cucina è storia di contaminazioni. Non esiste, infatti, un ingrediente che appartenga esclusivamente ad un territorio. Basti pensare all’Italia: il pomodoro, uno degli alimenti più emblematici del Belpaese, proviene dall’America.

Lo stesso vale per le tecniche di cottura. Nonostante siano figlie di un determinato territorio e di una specifica cultura, non è difficile riscontrarle in luoghi molto distanti tra loro. La globalizzazione non ha fatto altro che accelerare questa commistione tra culture, già ampiamente diffusa. I confini, dunque, non sono così delineati come si potrebbe pensare. Tra le tecniche più antiche e ormai più diffuse in tutto il mondo c’è la cottura al vapore.

Le origini della cucina a vapore

Sembra che le radici di tale tecnica di cottura siano da ricercare in Asia. Secondo una leggenda, infatti, già nel terzo millennio a.C. in Cina, gli imperatori nei loro banchetti, disponevano di grano cotto al vapore. Questa cottura, oltre che in Asia, era molto diffusa anche in Africa, dove i cereali venivano ammorbiditi tramite il vapore. Ed è proprio qui, che è stato ritrovato il couscoussier, un utensile per la cottura della semola di grano duro: ovvero il cous cous. Tale preparazione ha raggiunto, in seguito, anche la Sicilia imponendosi come piatto tipico. In occidente, invece, le prime testimonianze di cottura al vapore, si riscontrano nel testo considerato la bibbia dei gourmand, ovvero la Fisiologia del Gusto di Anthelme Brillat-Savarin. L’autore racconta di aver assaggiato un dentice cotto al vapore e di averlo adorato.

La diffusione in Occidente e la pentola a pressione

Prima del gastronomo francese, però, il suo connazionale Denis Papin (XVII secolo), grazie alle ricerche e agli studi, riuscì a realizzare una rudimentale pentola a pressione. Il progetto consisteva nella costruzione di un recipiente con una chiusura ermetica in cui sarebbe stato possibile il ricircolo del vapore. L’invenzione aveva un input rivoluzionario. Infatti, lo scopo di Papin era quello di permettere ai meno abbienti di poter cuocere e ammorbidire il cibo più coriaceo e meno pregiato. Solo nel ‘900 questa grande invenzione riuscì a imporsi sul mercato. Ma la cottura al vapore, arrivò nelle cucine dell’occidente solo intorno alla metà del XX secolo, grazie al pollo di Bresse al tartufo e al vapore di Lucien Tendret. Il pollo viene adagiato in una casseruola, dove bolle il brodo di manzo, ma senza toccare il liquido.

Gli chef stellati utilizzano la cottura al vapore?

Gli ingredienti in tali preparazioni si cuociono grazie al vapore creato dal bollore di un liquido. Si adagiano in cestelli di bambù o acciaio forati, rialzati rispetto all’acqua o al brodo. Il tempo di cottura può essere molto più lungo rispetto a quello necessario per altre preparazioni, ma è una tecnica meno violenta che rispetta gli ingredienti. Inoltre, permette agli alimenti di mantenere al proprio interno tutti i nutrienti, consentendo la conservazione dei colori. Molto spesso è stata delegata esclusivamente come metodo di cottura dietetica. Ciò nonostante, è utilizzata sempre più spesso da cuochi stellati. Tra i più celebri ci sono: Heinz Beck e Moreno Cedroni, che aromatizzano il vapore con spezie, agrumi, liquori e radici. Tra tutti però, chi ha voluto elogiare la cottura al vapore, è stato Enrico Cerea, con il suo consistenze dell’acqua. Una ricetta, in cui la protagonista è l’acqua presentata nei suoi vari stadi. Al centro del piatto troviamo un branzino cotto al vapore. Si adagia il pesce in una pentola, sistemata su una graticola sospesa sopra dei sassi bollenti e aromatizzati con scorza di arancia ed erbe aromatiche. La cottura del branzino avviene esclusivamente tramite il calore del vapore acqueo aromatizzato. Il risultato finale sarà, un pesce morbido dagli intensi umori di agrumi.

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