Suiseki: l’antica arte orientale delle pietre

Suiseki: l’antica arte orientale delle pietre

Una parola quasi sconosciuta ai più, ma che racchiude un profondo significato. Suiseki, termine giapponese per indicare un’antica arte nata in Cina. Da una “semplice” pietra al rapporto profondo tra uomo e natura

Suiseki

Il termine Suiseki è la traduzione fonetica di due ideogrammi 水石 (sui = acqua, seki = pietra), ed è derivato dall’antica usanza di visualizzare pietre paesaggio in miniatura in vassoi pieni di acqua. Un tempo riservata alle persone più colte, rappresenta una Via difficile per esplorare l’animo umano. Per distinguerla dai sassi si dovrà imparare nel tempo a osservare dove l’oggetto sembri svelare i segreti dell’universo. Cogliere e percepire non solo la forma ma il senso oltre la cortina di fumo.

Nata in Cina, dove le pietre dell’Erudito vengono chiamate Gongshi, l’arte dell’apprezzamento delle pietre venne introdotta in Giappone a seguito dei primi contatti tra le corti imperiali, tra il 590 ed il 620 d.c., dove vide uno sviluppo autonomo e coerente con gli ideali del buddhismo Zen, che sono la fonte ispiratrice di tutte le arti giapponesi.

I Suiseki in Occidente

L’Occidente si è avvicinato alle pietre con entusiasmo ma in tempi recenti, quando gli esempi si riferivano soprattutto al Giappone, mentre altri paesi asiatici, come la Cina, erano ancora chiusi in un isolamento politico e culturale. Veicolati dal bonsai, i primi approcci con il mondo delle pietre sono stati quindi influenzati dalla visione giapponese, al punto da indentificare, in una traduzione quasi letterale, il termine suiseki con il concetto di “pietra da ammirare”.

In realtà, in Cina ed in Corea non solo le pietre vengono chiamate diversamente, ma soprattutto è diverso il gusto estetico con cui esse vengono selezionate, apprezzate ed esposte: in Cina si parla di Gongshi (nella classificazione tradizionale, pietre degli Eruditi) ma anche di Shang-shi (pietre eleganti), ed in Corea di Suseok (pietre della longevità).

La Via difficile

Certamente è geologicamente un frammento di roccia, ma se un suiseki è una pietra, non tutte le pietre potranno essere suiseki. Per carpirne i segreti va percorsa quella Via difficile ma affascinante, che passo dopo passo, ci permetterà di selezionare una pietra ma soprattutto di godere del suo fascino.

In Estremo Oriente, la ricerca e la raccolta di pietre è sempre stata una attività culturalmente elevata. Riservata alla parte più erudita della popolazione, in genere funzionari delle corti reali, che si dedicavano allo studio in senso lato, dalla calligrafia alla poesia e che collezionavano pietre per la loro capacità di affinare lo spirito attraverso l’osservazione e la meditazione.

Le pietre venivano apprezzate sia per la loro forma, che in genere rimandava al concetto di ‘montagna’, simbolo sacro per eccellenza, ma anche per valori simbolici ed etici più nascosti e profondi, in profonda relazione con la cultura, la religione e la tradizione del luogo.

Le caratteristiche

Forma (Katachi): essa ci permette di classificare un suiseki nelle suddivisioni ammesse tradizionalmente e deve suggerire un paesaggio naturale, come montagne, cascate, laghi, isole, altopiani, rocce costiere, rifugi rocciosi. Comunque non deve essere costruita artificialmente.

Qualità (Shitsu): è strettamente legata alla sua composizione minerale, che ne determina la durezza, perché pietre troppo tenere non resisteranno al passaggio del tempo.

Colore (Iro): i sentimenti di austerità, di semplicità, di sottile bellezza e di mistero ben si accompagnano ai colori scuri, smorzati e profondi, come il nero, il marrone ed il verde scuro, il grigio-nero o il blu-nero.

Tessitura (Hada-Ai): il passaggio del tempo ed  i fenomeni erosivi dovuti soprattutto al lavorio dell’acqua creano la tessitura superficiale di un suiseki, ancora una volta legata alla durezza del materiale.

Età (Jidai): non si fa riferimento all’età geologica di una pietra, ma piuttosto all’invecchiamento raggiunto con il processo di coltivazione, o yoseki, che dona al suiseki quella patina che racchiude il valore del tempo e dell’attenzione che l’uomo le ha dedicato.

Come: Una pietra deve avere una base adeguata, che le dia stabilità e che la ponga nel modo migliore all’osservazione ed alla valutazione. Seguendo la tradizione, un suiseki può essere posto su un vassoio in bronzo o in ceramica, riempito d’acqua o di sabbia, che diventano parte integrante di quella rappresentazione in miniatura dell’universo fatta di pietra e di acqua.

Dove: Tradizionalmente, per l’esposizione di un suisekisi utilizza il tokonoma, una nicchia di grandi dimensioni presente nelle case e nei templi giapponesi, che viene utilizzata per godere di oggetti rari e preziosi, come bonsai, suiseki, calligrafie, dipinti o ikebana, in uno spazio finito in cui si rappresenta un intero e infinito universo immaginario.

Share

Written by:

64 Posts

View All Posts
Follow Me :