Stefano Colucci e la sua ricerca della luce negli spazi più angusti

Stefano Colucci e la sua ricerca della luce negli spazi più angusti

Nello scorcio classico delle rovine degli acquedotti romani, all’interno del locale 692, tra le opere esposte nella serata del 9 giugno emerge Decamerhome. L’installazione di Stefano Colucci che mostra una socialità ritrovata durante e dopo il periodo buio del Lockdown

Stefano Colucci

L’essere umano è un animale sociale, vive e sopravvive solo grazie al costante contatto e alla continua comunicazione con l’altro. Decamerhome, l’opera di Stefano Colucci, ha lo scopo di mostrare questa necessità. Il lockdown ha privato ogni individuo del contatto facendo emergere le paure intrinseche nell’animo umano, dall’abbandono alla solitudine. L’installazione consiste in due scatoloni riempiti con elementi quotidiani un pacchetto di sigarette, un libro, una bottiglia di whisky, un pacco di pasta e un registratore.

Quest’opera – spiega l’artista – nasce per sublimare la necessità di contatto e di comunicazione degli individui. Inizialmente ho chiesto alle persone di chiamarmi, io avrei registrato tutto. L’intento iniziale era quello di creare una piattaforma fisica che potesse riprodurre queste chiacchierate. In quel periodo avevo casa invasa da scatoloni e vedendo le alette laterali aperte o chiuse, la mia mente le ha subito associate alle finestre, diventato un nuovo punto di incontro. Le finestre rappresentavano uno sguardo nelle case degli altri, ma soprattutto una socialità ritrovata. Mi piaceva l’idea quindi di creare degli scatoloni ripieni di diversi elementi per poterci sbirciare dentro, un po’ come sbirciare nelle case e nell’anima delle altre persone”. I due scatoloni sono disposti l’uno di fronte l’altro e la presenza di un registratore acceso all’interno di ognuno di questi vuole ricreare il costante tentativo di comunicazione, così come due individui che affacciati alla finestra parlano tra loro.

Il Lockdown ha spinto a confrontarci con le nostre paure

L’opera cristallizza uno dei periodi più bui vissuti dall’umanità: il Lockdown. Un archivio che mantiene viva la memoria di quel momento, ma al contempo ricordi anche il suo superamento. Lo scopo è quello di mescolare il passato con il futuro. Ogni oggetto, quindi, rappresenta i momenti della vita di ognuno, ma spinge anche a scovare la luce all’interno dell’esperienza vissuta. In fondo, Decamerhome non è altro che un elogio alla vita e alla socialità. Il lockdown non ha fatto altro che farci fare i conti con la paura della solitudine e dell’abbandono, questi oggetti quindi come una cicatrice vogliono ricordarci del dolore, ma avvisarci di averlo oltrepassato.

Anche nello spazio più angusto c’è uno spiraglio di luce”. Tutte le opere di Stefano Colucci dai libri di poesie alle opere di arte visuale rappresentano un incoraggiamento a ricercare la luce nelle molteplici esperienze. Il suo ultimo libro Abbi cura del tuo infinito, Decamerhome e anche Breath, earth (la sua installazione precedente esposta a New York durante il summit giovanile sul clima del 2019, nel rose garden del palazzo ONU e a Tokyo nella sede della Soka Gakkai) sono manifesti che incoraggiano la ricerca della luce nei momenti più bui. “Breath, Earth – conclude Colucci – consiste in una bottiglia di plastica, nonostante il suo contenuto sia visibile da qualsiasi angolazione ho concepito questa creazione per essere vista dall’alto. Si deve spiare l’interno attraverso il foro della bottiglia. Sul fondo sono disposti mozziconi di sigarette e cartacce, in mezzo a tutto ciò, però, emerge uno spiraglio di luce ovvero un foglietto con sopra scritto ‘Respira, Terra’”.

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