Soledad Agresti. Il murale “Oltre la siepe”

Soledad Agresti. Il murale “Oltre la siepe”

Il murale realizzato da Soledad Agresti è un progetto artistico di street-art. Curato dallo Storico dell’arte Ilaria Giacobbi, e presentato durante il Rome Art Week, la settimana dell’arte contemporanea.

L’artista Soledad Agresti torna nello storico quartiere di Centocelle (27 ottobre 2021 ore 16:00) a distanza di un anno, sul “luogo del reato”, con una nuova opera muraria che copre quella vandalizzata nel 2020. Dona così al quartiere e alla collettività un’opera d’arte che si pone in rapporto dialettico con l’ambiente esterno. Valorizza lo stesso senza alterarlo, amplifica il medium e alla tela sostituisce un muro. Abbatte, in questo modo, le pareti degli spazi espositivi per riconsacrare la città di Roma al ruolo di museo a cielo aperto.

Un murale dal forte valore contenutistico oltre che simbolico, un invito da parte dell’artista ad andare “oltre la siepe”, superando gli ostacoli e le ostilità. La sua opera, che copre completamente quella precedente e le brutture della vandalizzazione, diventa quindi simbolo di positività e speranza e si offre alla collettività sotto forma di imponente opera d’arte.

Soledad Agresti
Dettaglio dell’opera

L’artista Soledad Agresti

“Oltre la siepe”, il murale sito in piazza S. Felice in Cantalice nasce come risposta a coloro che per ben due volte vandalizzarono un altro murale che ebbi modo di realizzare sempre nel medesimo luogo. Quando i fatti accaddero ricordo che pensai: “Possibile che non hanno nulla di meglio da fare che imbrattare con frasi oscene il mio dono alla piazza?!”. “Oltre la siepe” è il mio incitamento a lasciare le meschinità della vita, l’oscurità di un piccolo sé per “prendersi il mondo” e realizzare i propri desideri senza farsi sviare dalle illusioni”. Spero mi ascoltino.

La curatrice Dott.ssa Ilaria Giacobbi

Il murale abbellisce la famosa Piazza San Felice da Cantalice che un tempo fu scenografia (a cielo aperto) di Pasolini, in quella Centocelle dove i “ragazzi di vita” della periferia romana vivevano ieri come oggi. L’artista modifica in toto l’impianto del precedente murale, volutamente non lo recupera ma procede “oltre la siepe”. Una creazione in cui emergono tutti gli stilemi propri del suo linguaggio pittorico, colmo di attributi iconografici e forti valenze metaforiche. Dal fondo nero e azzurro si erge un’imponente figura umana di michelangiolesca memoria. Emerge da una folta vegetazione, colto nell’atto di afferrare il mondo senza indugiare nelle farfalle, poste come simbolo di vane e false illusioni.

Conclude l’artista: “Dipingere per strada è, per me, un gesto eversivo: l’atto plateale di creare per creare si oppone sfacciatamente al funzionalismo quotidiano. Raramente, infatti, nel contingente si svolge un’azione per il mero compimento della stessa: tutto ha un fine altro da sé. Dipingere per strada è, inoltre un’azione di egocentrico altruismo, in cui la presunzione della creazione corre mano nella mano con la gioia di regalare uno sguardo felice alle persone del luogo”. 

“Quando dipingo vengo sorseggiata da chi mi circonda e, come davanti a un bicchiere di buon vino, l’osservatore si vede libero: può aprirsi e ricevere ciò che ho da dare ma anche donare qualcosa di sé stesso. Durante lo svolgimento dell’opera che si compie le persone si sentono complici, pronte a raccontare pezzetti di vita, talvolta anche molto privata; io regalo loro una mia visione e loro ricambiano con quello che hanno: caffè, pizza, pasticcini, acqua o mille parole. L’artista si trasforma in confidente, in custode, in protetto. È bastato scendere dal piedistallo di un museo per trovare la sete dell’Arte”.

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