I Musei Vaticani e il Padiglione delle carrozze

I Musei Vaticani e il Padiglione delle carrozze

Nel grande museo dello Stato Pontificio esiste una sezione particolare. Una delle più affascinanti collezioni mai viste: il “Padiglione delle carrozze”.

Spesso rimane escluso dal solito itinerario del visitatore, maggiormente incentrato sui capolavori più noti come le Stanze di Raffaello o la celeberrima Cappella Sistina. Il rischio però è di perdere un’occasione. Quella di scoprire un posto insolito e accattivante, tra meravigliose carrozze, portantine, bardature, selle per cavalli, divise di maggiordomi e vetture d’epoca. Uno scrigno in cui perdersi e dove riaffiora tutto l’entusiasmo fanciullesco nel vedere da vicino mezzi di locomozione di tempi così lontani.

Musei Vaticani
Mercedes Benz 460 Nürburg limousine 1930 – Credit photo Endeca produzioni

Il padiglione delle carrozze

Qui si può ripercorrere l’evoluzione della mobilità pontificia. Per secoli il Papa, oltre a capo della Chiesa cattolica, è stato anche il sovrano assoluto di un vasto stato. Ogni spostamento, quindi, ha spesso assunto un significato storico. Passeggiando all’interno del padiglione, balza subito all’occhio la coincidenza dei nomi delle carrozze con quelli delle automobili. Si scopre infatti che molte tipologie di macchina, hanno mantenuto il nome dei precedenti mezzi a seconda delle loro caratteristiche. Ad esempio la Berlina, inventata nella città di Berlino nel XVII secolo, che prevedeva un abitacolo chiuso con due divanetti vis-à-vis, sportelli laterali e finestrini di vetro. Oppure la Spider, in inglese “ragno”, più piccola e agevole, a soli due posti, o la Cabriolet, la decappottabile. Insomma, dai vecchi spartani carri si passa alla carrozza principesca, più comoda, spaziosa e confortevole, usata, specie nelle corti dei sovrani e dell’alta aristocrazia.

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Finimenti – Credit photo Endeca produzioni

I Papi e i mezzi di trasporto

Quanto al Papa invece, c’è da dire che la carrozza venne vista sin dal principio con diffidenza. Era considerata come qualcosa che con i suoi agi ne avrebbe infiacchito la figura militaresca e virile. L’uomo doveva continuare a cavalcare, aderendo ad uno stile di vita di sacrificio e tempra. Pio IV Medici durante un concistoro del 1564 interdisse apertamente l’uso dilagante di tale mezzo, simbolo di mollezza che male si addiceva al clero. Mentre Carlo Borromeo ribadiva l’uso del mulo, a richiamo della povertà e dell’entrata di Gesù a Gerusalemme.

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La Portantina – Credit photo Endeca produzioni

Padiglione delle carrozze. La prima volta

In effetti, la prima volta che un Papa entrò in carrozza fu per una necessità storica. Pio VII, nel 1800, dopo la sua elezione a Pontefice, come tradizione voleva, condusse la “presa di possesso” di Roma. L’evento prevedeva di percorrere il tragitto dalla Basilica di San Giovanni in Laterano alla Basilica di San Pietro. In quell’occasione, infatti, lo fece a bordo di una carrozza e non più a cavallo. Voleva omaggiare e ricordare, così, il predecessore Pio VI il quale, prigioniero dei francesi, fu portato via dalla propria residenza in Quirinale e fatto viaggiare per molto tempo. Ultraottantenne e provato, morì poi a Valence.

Nel Padiglione dei Musei Vaticani l’esposizione inizia in ordine cronologico, con la portantina: la famosa sedia del Papa. Un trono riccamente rivestito, che veniva portato a spalla dagli addetti “palafrenieri” o “sediari”. Qui troviamo quella di Giovanni XXIII usata ancora in epoca moderna, quando il brutto male allo stomaco lo rese sempre più dolorante ed impossibilitato a camminare.

Nel mezzo del padiglione si fa spazio il pezzo più scenico: la Berlina da Gran Galà del 1826 dove dall’ iniziale negazione, si passa all’accettazione ed espressione più ricca della carrozza che in questo caso richiama quella fiabesca di Cenerentola. Trainata da ben sei cavalli bianchi con sulla testa alti pennacchi dorati (oltre agli otto pennacchi sopra l’abitacolo) che rendevano visibile da lontano l’arrivo.

Poi c’è la Berlina con la quale Pio IX tornò a Roma dopo essere fuggito, vestito da prete, a Gaeta, per scampare ai moti rivoluzionari della Repubblica Romana del 1848. Seguono diversi Landauxneri per il trasporto giornaliero usati fino ad inizio Novecento.

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Citroën Lictoria C6 – 1930 – Credit photo Endeca produzioni

Il progresso tecnologico delle macchine

Curiosa la storia della prima automobile che entrò in Vaticano: una Bianchi Tipo 15 donata dalle donne di una associazione religiosa di Milano e targata CD (Corpo Diplomatico). Sarà solo dopo i Patti Lateranensi del ’29 e la “conciliazione” tra il neonato stato italiano e il nuovo Regno Vaticano, che le maggiori case automobilistiche gareggeranno per donare le proprie creazioni a Sua Santità, e stavolta con targa SCV (Stato Città del Vaticano).

Degna di menzione la splendida Citroen Lictoria C 6 del 1930 costruita per Pio XI. Fu realizzata dagli operai stessi che donarono il proprio tempo libero per lavorare alla vettura. Colore amaranto con finiture dorate ed internamente allestita come un salottino veneziano del Settecento. Oltre allo sfarzo, presentava particolari novità: dei ripostigli celati per riporre oggetti personali e un sistema di riscaldamento con a terra una griglia e della carbonella da cui usciva calore. Infine un primitivo piccolo computer con dei tasti colorati premendo i quali il Papa indicava all’autista di modificare la velocità, girare a destra e sinistra o tornare a casa.

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Nuova Fiat Campagnola – Credit photo Endeca produzioni

Da ultima è stata esposta la Fiat Campagnola donata a Giovanni Paolo II in visita a Torino e tristemente ricordata per l’attentato da lui subito il 13 maggio 1981. Nonostante l’evento, il Papa ha sempre continuato a salutare i fedeli in pubblico a bordo di una vettura, stavolta blindata: la Papamobile.

La collezione all’interno del padiglione delinea cambiamenti epocali attraverso un’ottica originale, leggera e affascinante per grandi e piccini. Un viaggio nel tempo dove ci si muoveva di meno e con più disagio ma che ci mostra una affascinante patina storica.

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