Freedo. Tra vigne e cucina. Cinque generazioni per più di un secolo di storia.

Freedo. Tra vigne e cucina. Cinque generazioni per più di un secolo di storia.

A Montecompatri, a due passi da Roma c’è l’Enoagriturismo Pallotta con il ristorante Freedo. Terrazza panoramica con vista sulle vigne. Una cucina per tutti i gusti e la storia della famiglia attraverso il ‘900. Davanti ad un calice di vino, in compagnia del patron Renato Boni abbiamo attraversato un secolo di vicissitudini.  

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Panorama sulle vigne.

Parliamo della lunga storia della sua famiglia?

“Certo. L’Azienda Agricola è partita a inizio secolo. Freedo è più recente. La mia famiglia nasce come produttrice di vino. Successivamente, durante la prima guerra, iniziano a diffondersi le osterie a Roma. Erano ancora poche e ci si andava solo a bere il vino. Ecco quindi che chi veniva a prendere il vino da Roma ai castelli aveva l’esigenza anche del ristoro. È così che a cavallo tra le due guerre iniziamo ad essere osteria con ristoro. In quel periodo storico mio nonno portava il vino a Roma, e mia nonna, donna di campagna, faceva da mangiare”.

Cantina. Freedo
Alcune produzioni

Cosa si poteva mangiare all’epoca?

“Ovviamente non c’era un menù come lo intendiamo noi oggi. Le portate erano pochissime. C’era il pollo al forno, poi con le interiora del pollo ci preparava il condimento per le fettuccine e con il ragù che avanzava ci faceva il supplì alla romana. Quando andava bene potevi trovare un po’ di prosciutto. Con il passare del tempo la parte della ristorazione si evolve e quindi si passa dall’osteria, alla trattoria fino a quando mio padre non decide di trasformarla in ristorante gourmet. Negli anni 80 e 90 era uno dei locali più in voga del centro Italia”.

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Nel frattempo il percorso dell’azienda vinicola dove stava andando?

“In parallelo l’attività del vino proseguiva. Era l’esplosione del Frascati, la cultura del vino non era quella di oggi e così neanche i sistemi di produzione. Negli anni 90 si inizia a sentire un po’ la crisi. Anche se le cose andavano abbastanza bene, mio padre decide di dare in gestione il locale per dedicarsi esclusivamente alla campagna. Purtroppo dopo pochi anni il ristorante fallisce. In quel periodo inizia anche a scendere la richiesta del Frascati, la situazione si fa un po’ difficile”.

“Arriviamo intorno al 2000, io sono cresciuto ed inizio ad avere sempre più esperienza. Decidiamo di riaprire come agriturismo e continuiamo a fare vino sfuso. Nel frattempo io finisco il corso A.i.s. e divento sommelier. Siamo nel 2010 circa, mi appassiono sempre più al mondo dell’enogastronomia e inizio a lavorarci. La crisi del vino un po’ continuava, quindi con mio padre prendemmo una decisione: non dismettere le vigne ma sfidarci iniziando ad imbottigliare. Creiamo un marchio.  Le prime produzioni sono piccole, poche migliaia di bottiglie e una sola linea di vino. Poi si cresce, la produzione aumenta e le linee diventano tre. Arriviamo ad un totale di circa 25.000 bottiglie utilizzando solo una parte dell’uvaggio, il resto continuiamo a venderlo sfuso. Oggi stiamo anche provando anche con un rosso e naturalmente portiamo avanti il Freedo, il nostro ristorante”.

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Le grotte.

Dovendo scegliere, tra ristorazione e produzione vino, su cosa scommetterebbe?

“Entrambi sono parte del mio mondo, e le adoro, ma l’ambito della ristorazione è più impegnativo. Ci sono tempi, impegno e margini diversi dal vino. I costi di gestione sono molto alti mentre quando riesci a fare un buon vino ed a venderlo bene, hai più soddisfazione, anche economica. Il vino è diverso. Se sei bravo a produrre e vendere il vino, riesci a guadagnare di più”.

La pandemia, le riaperture e il post. Cosa è cambiato?

“Sicuramente siamo ritornati a bere più vino. Tra le persone che bevono c’è chi lo fa per moda, chi per abitudine e chi come estimatore per il vero piacere di bere del buon vino. Chi fa il vino, comunque, vende la sua qualità e la sua storia. Per quanto riguarda il periodo in cui è stato possibile aprire, siamo riusciti a gestirlo bene avendo molti posti all’aperto. Abbiamo iniziato anche delle collaborazioni e modificato anche l’offerta gastronomica, possiamo definirci un bistrot”.

Molti giovani oggi si lanciano nel settore vinicolo. Cosa ne pensa?

“Sfidarsi in un campo è sempre bello. Se lo fai con passione, ottieni un buon risultato, diversamente non ne ricavi niente. Anzi, forse rechi un danno pure a chi lo fa con dedizione. Oggi si parla molto di vino biologico, naturale e biodinamico, non credo che sia una moda. La verità sta nel mezzo, è il produttore di vino che deve trovare una quadra. Un produttore intelligente deve essere elastico e abbracciare le diverse possibilità”.

Photo credits by Endeca produzioni

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