Cottura a bassa temperatura. Ecco dove è nata e come si fa

Cottura a bassa temperatura. Ecco dove è nata e come si fa

Una tecnica di cottura che affonda le proprie radici nella storia rappresentando una vera e propria rivoluzione gastronomica. Gli alimenti trattengono i colori, gli aromi e gli umori

Il ruolo primario dello sviluppo tecnologico non è quello di soppiantare la tradizione, ma di mutare e ampliare le modalità della sua fruizione. Nel tempo ogni elemento culturale ha subito un’evoluzione, tale processo ha coinvolto, anche, l’ambito gastronomico. In cucina la tradizione resta sempre un punto fisso, ma le modalità attraverso le quali viene reinterpretata sono molteplici. In questo caso l’evoluzione tecnologica ha avuto un ruolo determinante, perché partendo dalle ricette classiche ha permesso, attraverso nuovi strumenti, di indagare e di scoprire territori inesplorati. Uno degli esempi più eclatanti di questo sviluppo è la cottura a bassa temperatura. Questa tecnica, solo apparentemente contemporanea, ha cambiato le modalità di preparazione di molte ricette.

Una storia che dura secoli

La cottura a bassa temperatura viene vista come una tecnica di cucina contemporanea, ma il roner e il sottovuoto, gli strumenti utilizzati per realizzarla, non sono altro che l’ultimo stadio di un processo evolutivo che affonda le proprie radici nel XVIII secolo. Questa tecnica fu inventata da Benjamin Thompson, fisico e ingegnere inglese vissuto nel ‘700. Lo studioso infatti, realizzò la prima forma di cottura a bassa temperatura. Tutto iniziò dalla domanda se fosse possibile cuocere un prodotto con temperature inferiori a 100 gradi. Nel tentativo di darsi una risposta Thompson decise di utilizzare una sua precedente invenzione: la macchina asciuga-patate.

Cosa fece Thompson?

Il fisico inserì all’interno del macchinario una spalla di montone. Dopo tre ore però, l’alimento non era ancora cotto e per questo, deluso dall’esperimento, lasciò la spalla di montone alle domestiche. Quest’ultime, con lo scopo di consumarla il giorno seguente, la lasciarono all’interno dell’essiccatoio. L’indomani, però, riprendendo la carne si accorsero, con immenso stupore, che era cotta e che aveva un gusto eccezionale.

La scoperta non ebbe la risonanza che ci si aspettava, tanto che prima di essere riutilizzata è passato più di un secolo. La cottura a bassa temperatura è stata riscoperta solo negli anni Sessanta del Novecento. Inizialmente fu riutilizzata, nel pieno della guerra fredda, per conservare più a lungo gli alimenti. Ma è nel 1974 che conquista un posto nelle cucine dei ristoranti grazie allo chef Georges Pralus. Il francese riutilizzò questa tecnica per reinterpretare le ricette classiche che avevano come protagonista il foie gras.

La cottura a bassa temperatura oggi. Come la utilizza Massimo Bottura?

Nonostante fosse stato un cuoco francese a riscoprire questa tecnica, la golden age della cottura a bassa temperatura si sviluppa nella Spagna degli anni Novanta. Lo strumento fondamentale per realizzare questo tipo di tecnica è il roner. Questo nome deriva dal connubio dei cognomi degli artefici della sua diffusione Juan Roca e Narcís Caner. Allora, i grandi chef, amanti della cucina molecolare, non poterono non gettarsi a capofitto in tale sperimentazione. Proprio da questi tentativi nacquero numerosi signature dish come l’Arzak eggs, un uovo dal cuore colante, dello chef Juan Mari Arzak.

Il metodo

La bassa temperatura è molto utilizzata nella cucina contemporanea. I principali passaggi da compiere sono due: prima si pone l’ingrediente sottovuoto (solitamente insieme ad altri aromi) e poi viene cotto in acqua tramite il roner. Quest’ultimo è uno strumento in grado di riscaldare dai 5 ai 20 litri d’acqua e permette di cuocere l’alimento a una temperatura costante (che può andare dai 20 ai 100 gradi). La combinazione tra sottovuoto e le basse temperature permette di conservare i colori, le forme, gli aromi e i sapori degli alimenti.

La cottura a bassa temperatura nella ristorazione

Questa tecnica, nelle cucine professionali, rappresenta una svolta nella razionalizzazione del lavoro. Permette di preparare il prodotto in precedenza e ravvivarlo solo nel momento del servizio, in tal modo si riescono, anche, a ridurre i tempi di attesa del commensale. In Italia, grazie a questa tecnica Massimo Bottura, patron dell’Osteria Francescana, ha realizzato il suo bollito non bollito. In questo piatto lo chef modenese prende la tradizione per integrarla con lo sviluppo tecnologico, il gusto sarà quello di un bollito, ma con i sapori molto più accentuati. I vari tagli di carne vengono messi sottovuoto insieme agli aromi classici, ognuno in un sacchetto differente. In questo modo manterranno integro il proprio sapore e tutte le loro proprietà.  

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